Ottobre 2022 – Gennaio 2023
Fabrizio Ajello (Palermo, 1973)
«Abbiamo confuso l’immagine con il visibile», questo affermava lo psicoanalista e filosofo James Hillman, proprio prima di lasciarci. Tra sogni, dialoghi, AI, segni, oggetti, simboli, sentieri interrotti ogni esplorazione di idee è un rischio che intreccia gesti e materia.
Fabrizio Ajello (Palermo, 1973) artista, docente e ricercatore indipendente di base a Firenze, riflette e interviene sui modelli culturali occidentali attraverso un’indagine e un confronto continuo con le tematiche del sacro, della memoria collettiva/individuale e del rapporto tra spazio pubblico e spazio privato. Negli anni ha rimodellato l’utilizzo di tecniche canoniche come la pittura, il video-documentario, la scrittura, la scultura e il dialogo, al fine di produrre lavori installativi e performativi in grado di restituire al piano estetico e formale una dimensione sociale. Nel biennio 2005/2006 ha partecipato al progetto di arte pubblica Progetto Isole. Il suo primo documentario sperimentale Vucciria ha vinto nel 2007 il Solunto Film Festival. Invitato nel 2008 a partecipare al progetto N.EST presso il Museo Madre di Napoli, ha presentato una doppia proiezione sull’area degradata di Vigliena. E’ ideatore e cofondatore del progetto di arte pubblica Spazi Docili (2008), che ha prodotto indagini sul territorio, interventi, workshop, mostre, residenze artistiche e talk presso istituzioni pubbliche e private. Ha inoltre esposto in gallerie, musei italiani e internazionali e ha preso parte a diversi eventi quali: Berlin Biennale 7, Break 2.4 Festival a Ljubljana, in Slovenia, Synthetic Zero al BronxArtSpace di New York, Moving Sculpture In The Public Realm a Cardiff, Hosted in Athens ad Atene, The Entropy of Art a Wroclaw, in Polonia, Manifesta 12 a Palermo.
Collabora attivamente con le riviste MEMECULT e MADE IN MIND, ha pubblicato inoltre per la rivista Roots and Routes e per la piattaforma NESXT. Da anni interviene in Istituzioni pubbliche con metodologie laboratoriali interdisciplinari e di collaborative learning. Insegna attualmente materie letterarie presso il Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze.
con la partecipazione di:
Francesco D’Isa (Firenze, 1980), di formazione filosofo e artista visivo, ha esposto internazionalmente in gallerie e centri d’arte contemporanea. Dopo l’esordio con la graphic novel I. (Nottetempo, 2011), ha pubblicato saggi e romanzi per Hoepli, effequ, Tunué e Newton Compton. Il suo ultimo romanzo è La Stanza di Therese (Tunué, 2017), mentre per Edizioni Tlon è uscito il suo saggio filosofico L’assurda evidenza (2022). Direttore editoriale dell’Indiscreto, scrive e disegna per varie riviste.
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Diario di bordo
Le tecniche culturali producono media e viceversa, perché naturalmente anche la loro storia dipende dai media che l’hanno trasmessa e resa possibile. (dall’introduzione di A chi appartiene la mia vita? di Thomas Macho)
Ecate – divinità dalle origini incerte, “pre-indoeuropee”, una e trina, ctonia, psicopompa, guardiana degli inferi, dei crocicchi, dei luoghi liminali, della loro alterità, divinità teriomorfa, fortemente ippomorfa, cangiante ed instabile, dea della luna nera e delle tenebre, patrona della follia, del sonnambulismo, di incubi, sogni e dell’Empusa, fantasma dell’angoscia notturna.
“Devo andare: c’è una tomba su cui ondeggiano gigli e narcisi, e io vorrei allietare quel fauno sfortunato ch’è sepolto sotto la terra sonnacchiosa, con canti allegri prima dell’alba. I suoi giorni chiassosi furono coronati d’allegria; e ancora sogno che calpesti il prato, camminando fantasma nella rugiada, attraversato dai miei lieti canti sull’antica sognante gioventù della terra: ma ahimè! Lei più non sogna; sogna tu! Perché i papaveri sulla fronte sono belli: sogna, sogna ché anche questo è vero.”
(Ultime strofe della poesia Il canto del pastore felice di W. B. Yeats, tratte dall’articolo Animali, umani, macchine – Per un umanismo inclusivo di Thomas Macho)
Il passato è in gran parte un’invenzione dei viventi (e) la natura umana è un altro frutto della nostra immaginazione. (da Interviste – William Burroughs)
Dove va ciò che sparisce? Va nell’invisibile. Che alla fine pullula di presenze. Non c’è nulla di più animato dell’assenza…I miti sono ogni volta un sovrapporsi di profili recisi. (da Il cacciatore celeste di Roberto Calasso)
I demoni inorganici sono parassiti per natura, danno direttamente origine alla loro esistenza xenotante e generano i loro effetti attraverso l’ospite umano, un individuo, un’etnia, una società o un’intera civiltà. (da Cyclonopedia di Reza Negarestani)
Che cosa vuol dire oggi guardare? Di cosa trattiamo oggi, quando parliamo di immagini?
Il linguaggio ci serve essenzialmente per mentire. (da Il terzo inconscio di Franco Bifo Berardi)
Il contemporaneo è l’intempestivo (appunto da uno dei corsi al Collège de France di Roland Barthes)
E’ possibile rappresentare l’irrealizzabile? Spingersi oltre l’infrasottile?
Mi sembra che in gran parte queste immagini prodotte con Midjourney siano idiote o angoscianti. (interessante esternazione di una docente di Storia dell’Arte)
Il nulla è una festa dei sensi (da A morte i poveri! di Shumona Sinha)
La strategia a cui ricorro consiste nel liberare le cose, presenti nel mondo, dal peso e dalla pressione della loro specificità: invento sistemi che mi permettono di sottoporre le cose a un modello di pensiero. (da Douglas Huebler. Il mondo in gioco di Irmeline Lebeer)
…io penso che l’arte in realtà sia una scusa per cominciare un dialogo. (Douglas Gordon in dialogo con Hans Ulrich Obrist)
Ogni verità è sempre circondata da altre verità che vale la pena esplorare. (Marcel Broodthaers)
Ma l’esperienza di vedere dipende esclusivamente dalla percezione visiva?
Quale sarebbe la relazione e la dinamica che lega chi vede, il vedere e ciò che si vede?
Vedere è un’azione passiva o interattiva?
Si può imparare a vedere?
Avere una visione è ben diverso da avere le visioni.
Il verbo video in latino oltre ad essere tradotto con vedere, scorgere, osservare, può anche singificare prevedere, sentire, intuire, darsi pensiero, decidere.
E i sogni come funzionano in tal senso? Come funziona il vedere nel processo onirico?
Nulla è così bello come ciò che non esiste. (Jean-Jacques Rousseau)
Passa tra i miei sguardi senza infrangere la loro assenza (da Interno di Paul Valéry)
Un’immagine non può non chiamarti alla sbarra.
Il senso è infinitamente presente nel segno (da L’arte sopravviverà alle sue macerie di Anselm Kiefer)
In arte, la forma si caratterizza per il fatto che, conducendo a nuovi contenuti, sviluppa nuove forme. (Walter Benjamin)
La realtà si svela solo attraverso le rovine di una finzione. (Alain Badiou)
Ogni atto artistico deve generare uno spazio di manovra del pensiero. In tal senso le immagini, in quanto tali, devono avere il potere intermittente del simbolo, seppur nella loro ambigua dimensione instabile.
Immagini come mappe, ma allo stesso tempo come indizi di apparizione, emergenza, scomparsa. In bilico. Forse perchè estensioni della nostra epoca. Matasse, rivoli, circonvoluzioni, inversioni e digressioni. Dietro, sotto, attraverso, sul bordo. Tra la superficie e l’illusione di profondità. Liminale.
Ciò che fa problema è l’inerte, la materia bruta. Fa problema e oppone resistenza. (da il dio oggetto di Marc Augé)
https://www.youtube.com/watch?v=vrBjV5axUl0 …CURRENT 93 : “The Inmost Light”
Quali sono i codici invisibili del visibile?
Panoramica di una tabula rasa. Imprevedibile. La riproduzione è già seconda produzione. E’ ripetizione del visibile. Emanazione, sema in quanto segno è altra cosa. E’ la presenza di un’assenza e lo smarrimento della certezza che possa essere possibile una presenza.
L’immagine è l’ombra e l’ombra è il nome comune del doppio (da Vita e morte dell’immagine di Régis Debray)
Evidentemente, il visivo riguarda il nervo ottico, ma non è per questo un’immagine. La condizione sina qua non perchè vi sia immagine è l’alterità. (Serge Daney)
Due fotografie di Francesca Woodman ri-pongono alcuni interrogativi che agitano questa ricerca. Due fotografie molto diverse ma ugualmente spiazzanti. Una per eccesso risulta come un ingorgo dello spazio visibile, l’altra presenta una porzione di una stanza vuota tagliata come da una lama affilata da una porta che ne sovverte la geometria. Nella prima il risultato è un’autoscatto sfuggente in cui il vero protagonista è l’oscillare della realtà tra oggetto esposto, oggetto fotografato, oggetto rappresentato, oggetto evanescente. Nella seconda, un altro autoritratto, il soggetto è proprio l’assenza del soggetto (non è un caso che esistano altri scatti con il corpo della stessa Woodman accovacciata sotto la porta, come se ne dividesse il corpo in due), l’essere in bilico, il non trovarsi più sulla soglia, ma rivelarla isolata in tutta la sua drammatica luce di ghigliottina del tempo.
Il simulacro non è un’immagine pittorica, che riproduce un prototipo esterno, ma un’immagine effettiva che dissolve l’originale. (da La società dei simulacri di Mario Perniola)
Il tragico coincide con la molteplicità del linguaggio(?).
Lo spazio (agito) è sempre uno spazio intermedio. In tal senso non si può non tenere in considerazione l’intero spazio come vincolo, resistenza, potenzialità. Unitario e regolato risulta necessario svincolarlo da ciò che percepiamo e siamo abituati a vedere e considerare.
L’infigurabile [giunge] nella figura, l’incircoscribile nel luogo, l’invisibile nella visione. (San Bernardino da Siena)
La questione potrebbe quindi riguardare la figurabilità come annientamento della raffigurazione per consentire proprio l’origine della figura stessa.
Video (vedo) dal latino vis (forza).
Nell’affermazione “non c’è niente da vedere” si agita proprio la “brutalità del fatto”, come lo avrebbe chiamato Francis Bacon.
Foucault definiva l’insieme di sesso, malattia, desiderio, dolore, oppressione, potere, che agisce sul corpo, marcandolo e incidendolo come “carnaio di segni”. La ferita, l’incisione, la rivelazione per scoperta e fuoriuscita potrebbe comportare una strada da percorrere. Il “fuori luogo”, l’operare l’immacolata superficialità, il maculare la finzione dello spazio contenente, il graffiare un dialogo tra macchina ed essere umano, il ritrovare la manualità laboriosa.Proiezione ed emanazione, la tensione emergente.
Segno/Sogno
Bisognerebbe essere più radicali.
Considerare la cosa in sé.
Strappare l’essere all’apparire.
…l’irrapresentabile è l’atto possibile solo nell’immediato (cortocircuitato presente). (da un’intervista di Giancarlo Dotto a Carmelo Bene)
vedere il vedere. Lo sguardo in quanto questione. Quel che non si vede. L’importanza dell’omissione, dello scarto. Il rischio.
Cos’è un luogo? Cos’è un limite? Cosa significa cominciare? Vere domande-crocevia da cui risulta quello che “fondare” implica per noi: la singolarità di uno spazio rispetto a uno spazio totale; un esordio nel tempo, in una storia, con un avvenimento iniziale; infine, un atto, un rituale in relazione con un soggetto individuale implicato nell’avvenimento primo e sentito come l’origine del legame particolare a un luogo. (da Apollo con il coltello in mano di Marcel Detienne)
Il lato manco, la materia sacra, la parte in assenza, la partenza, il distacco, la cenere, l’ombra
La rivoluzione algoritmica dell’arte:
https://www.facebook.com/laportineriapac/videos/1169065303993540
What does the crisis of form have to tell us about crisis as form? (da Crisis as form di Peter Osborne)
SCRIVERE: TOCCARE L’ESTREMITA’.
I corpi non sono un “pieno”, uno spazio riempito: sono spazio aperto, lo spazio, cioè, propriamente spazioso più che spaziale, ciò che ancora si può chiamare luogo, senza un là, senza un qui e un “ci” per il questo. (da Corpi di Jean-Luc Nancy)
Il linguaggio, qualsiasi linguaggio, è sempre e comunque una mistificazione di qualche genere. E’ un ambito ambiguo che conferma che non ci sono distinzioni tra natura e cultura.
Le immagini, oggi, possono essere fedeli? E cosa racconta la loro ombra? Lo spazio candido non è lo è mai del tutto. Puro e impuro sono apparenze. Insistenza di macchie. Tracce e segni graffiano baluardi di bianchezza. Prossimità all’urgenza e all’emergenza. Siamo prossimi.
Guardare è un atto politico? Mostrare lo è altrettanto? E cosa è necessario considerare nello scarto tra il pensiero e l’azione? Bisogna trovare “attrezzi” nuovi indagando proprio nelle dinamiche della produzione/proliferazione/metamorfosi delle immagini.
Metodo-“Errore sostanziale”-Diramazioni-Emergenze.
Eclissi e Balenamenti – Luci e ombre
L’artista ha una spiritualità innata perché è sempre alla ricerca di nuovi inizi (Anselm Kiefer – Interviste)
Tutta la nostra epoca, in quanto contemporanea, è l’era di un tempo doppio, ri-flesso su di sé, età disidentica con se stessa e la cui verità risiede proprio in questo eterno interrogarsi sulla propria dismisura, concettuale e temporale insieme. (Marco Senaldi – Cover Theory. L’arte contemporanea come re-interpretazione)
E’ un percorso che torna ad interrogare il corpo. Dalla narrazione alla macchina, dalla macchina alla mano. Si compone un disegno complessivo che muta rispetto al dialogo tra i due escutori, rispetto alla luce, ai movimenti. Chi ha detto che la fruizione deve essere facilitata? E nella penombra, nel reticolo di un buio unterrotto che emergono intuizioni. Ed è proprio nell’ombra che ci si ricovera e ci si smarrisce. Ma a guardare bene qualcosa ci torna alla mente, proprio come nelle dinamiche del sonno. In dormiveglia. Nel liminale esserci.
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https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2014.00611/full
Il Revenge bedtime procrastination: stare svegli e non dormire per vendetta
Ed è a questo punto che ad affiancarsi al concetto di procrastinazione si aggiunge l’idea di vendetta. Un concetto recente, questo, e per capirlo dobbiamo spostarci in Cina.
È in Cina infatti che comparve per la prima volta il termine bàofùxìng áoyè’, ovvero rinviare l’atto di dormire per vendetta, tradotto in lingua inglese come Revenge bedtime procrastination.
Se letteralmente yè 夜significa notte, è áo 熬 che dona il senso all’espressione. Vuol dire “riscaldare, cuocere, bollire”, ed è dall’accoppiamento di queste due parole che ha origine l’espressione: “riscaldare la notte”, il cui senso metaforico sta per rallentarla, trascinarla, resisterla…in poche parole: rimandarla, e che può quindi essere tradotto in italiano con “ritorsione dell’andare a dormire presto”.
Da Lasciatemi dormire Dentro la cultura del Revenge Bedtime Procrastination di Silvia Cegalin
Quanto al quesito eterno del “perché ESPRIMERSI”, chi mai (potendolo), non poerterebbe fiori sulla propria tomba? SCRIVERE, FILMARE (io aggiungerei in generale ESPRIMERSI per l’appunto), SOPRAVVIVERE è un pò così. (Carmelo Bene intervistato da Gian Carlo Ferretti in Bianco e Nero)
Poi il buio sarà inevitabile. Il tratto dei sogni è sempre iscritto nel reame dell’ambiguità. Non afferma e non domanda. Non pone questioni contemporanee forzatamente. Sta in caso a interrogarsi, che è ben altra cosa. Sta a rivendicarsi, che è sempre ben altra cosa. Sta lì e ti tiene il tempo. E’ il tempo che scorre lungo i bordi anche lì dove intriga il vuoto spazioso del centro. Il buio sarà inevitabile.
I limiti delle forme e il potere delle immagini. Dal sogno al racconto, dalla macchina alla mano. L’imperfezione della mano. L’imperfezione dell’esperienza onirica. L’imperfezione del percorso vitale.
E se l’imperfezione fosse solo un abisso di opportunità?
Cosa riusciamo realmente a sapere di ciò che vediamo? E siamo in grado di capire profondamente perchè stiamo guardando proprio ciò che stiamo vedendo? Quali sono le conseguenze del mio vedere?
La parola è guerra e follia per lo sguardo. (da La convesazione infinita di Maurice Blanchot)
Il lavoro procede e si riverbera nei sogni e la notte risponde con visitazioni e tremori. Il buio è chiarore, intravedo figure. Si sommano e scompaiono per divergere e ricomporsi. Il letto sembra fluttuare leggero come sorretto da una multicolore medusa dai tentacoli al neon.